Maidan di Sergei Loznitsa
Category : Dai festival, Film
Maidan, vincitore del concorso internazionale lungometraggi al 55° Festival dei Popoli, è l’ultimo film del regista ucraino Sergei Loznitsa. Autore importante nell’ambito del documentario internazionale contemporaneo, con film come Settlement, Portrait o Landscape ha ritratto la Russia più profonda e i suoi abitanti, dando vita a un’opera coerente che denota uno sguardo originale, nutrito da una profonda riflessione formale.
Maidan è la grande piazza nel centro di Kiev, teatro della rivoluzione popolare che ha portato alla caduta del presidente filorusso Viktor Janukovyč. Quello di Loznitsa è un film corale, che ritrae il popolo nella piazza nel corso degli eventi, realizzato a partire da 200 ore di girato e composto di una successione di piani fissi, ciascuno dei quali descrive uno specifico momento o situazione, dai primi momenti di gioia popolare ai tragici sviluppi degli ultimi giorni di scontri. Loznitsa ha spiegato come dopo aver deciso di girare solo piani fissi la cosa più difficile sia stata resistere alla tentazione di muovere la telecamera, perché nell’agitazione della piazza c’era continuamente la sensazione di stare perdendo qualcos’altro di importante. D’altro canto la scelta di piani fissi di durata prolungata permette al regista di dedicare attenzione alla composizione dell’inquadratura perfino nel caos degli scontri e conferisce a Maidan una potenza e un impatto visivo sconosciuti ad altri film su eventi rivoluzionari girati (come sembrerebbe a prima vista più logico) con la camera a mano e movimenti rapidi in sintonia con l’agitazione della folla. Tra l’immensa mole di materiale non entrato nel montaggio finale di 130′ Loznitsa ricorda in particolare alcune riprese ravvicinate dei momenti più tragici, con manifestanti feriti o uccisi. Per ragioni legate alla drammaturgia complessiva del film il regista spiega di non avere incluso quelle immagini, sostituendole con altre prese da maggiore distanza dai reporter della televisione, perché l’impatto emotivo di quelle scene era talmente violento che avrebbe portato lo spettatore fuori dal film, spezzandone il flusso narrativo. Maidan è in effetti, come sottolinea Loznitsa, un film senza eroi, che vuole descrivere il popolo come un insieme di persone di diversa età ed estrazione sociale, senza identificarsi in una figura rappresentativa (il regista ricorda a questo proposito Sciopero di Eisenstein). Loznitsa spiega di avere fatto la scelta dei piani fissi e di lunga durata anche per distanziarsi dalle immagini dei fatti veicolate dai media russi, che attraverso il montaggio di piani molto brevi manipolavano in quei giorni la realtà. In Maidan vediamo in effetti solo sullo sfondo i paramilitari nazionalisti con tuta mimetica, elmetto e passamontagna, che anche secondo i media internazionali non russi avrebbero dato un importante contributo nella lotta contro i “Birkut”, le forze speciali di Janukovyč. I paramilitari venivano sempre mostrati dai media russi per provare che c’era una regia dietro il sollevamento popolare. Loznitsa ci mostra invece una vecchietta in prima fila davanti alle forze speciali schierate che viene bonariamente indotta a stare più indietro da un infermiere, giovani volontari che preparano la zuppa in grandi pentoloni, una signora che distribuisce mascherine alle persone che raccolgono le ceneri prodotte dalle macerie bruciate perché si proteggano dalla polvere, la grande folla commossa che rende omaggio alle vittime.
Una cosa è certa: ancora una volta Loznitsa ha realizzato un film dalla forte impronta personale, frutto di una profonda riflessione formale.
Mario Tolomelli